Ho lasciato entrare la sera, i mobili si sono scuriti,
le cose hanno preso la confidenza del sussurro.
Così un bisbiglio è diventato racconto
e gli specchi hanno mostrato le brune macchie del tempo.
In quell’intravvedere c’era la folla ch’era passata,
ciò che era urgente ed è diventato ricordo.
Dei visi si sono scritti sul mio viso,
altri sono rimasti prigionieri dei fatti, delle sensazioni che furono sospese.
Ora chiedevano di proseguire vita e destino,
reclamavano i momenti che il cuore a loro doveva.
La finestra aperta risucchiava la luce,
leggevo, anche se gli occhi seguivano l’ombra:
da qualche parte il destino era proseguito,
aveva dato senso a un rifiuto
oppure era tornato a percorrere strade già usate.
Ora la notte rendeva morbide le cose,
avvolgeva i ricordi con l’attenzione delle commesse a natale,
e la carta ben tesa mostrava il colore cilestrino
nella misericordia d’essere stato.
Danzava il pensiero, s’abbandonava a onde di carezze gentili,
mentre un sogno già gocciolava sul limitare del giorno.