Semino piante odorose, verdi medicine,
fiori selvaggi e gentili,
arbusti che sognano, vorrebbero essere alberi grandi nella pianura
per vedere oltre le cose.
L’educazione della natura si fa lezione di vita
e attendo:
in qualche parte del mondo s’aggregherà il futuro,
quello in cui potrò immergere le mani e il pensiero.
Trasformare il ricordo in passato.
Sarà un piccolo assembramento di cose e di pensieri prima sparsi,
messi assieme per il caso che non è poi mai tale e da una fiamma nascerà la luce.
Ho il corpo, l’aria , il sole,
ma anche della notte il fresco.
Ho delle cose, molti libri e musica da udire,
ma ciò che fa differenza sono gli affetti
che colmano il mio tempo.
Si versano da una brocca nel mio calice d’assetato,
e bevo quel tempo così diverso
che ora scorre a lato.
Come ci fossimo seduti sulla riva
in una giornata già piena di primavera,
ad attendere.
Che cosa?
Che ci sia del nuovo che ci faccia immergere nel flusso,
quella fiamma che diventi luce.
E direzione a cui affidare il corpo e del vivere,  l’intuito.
E intanto, con pazienza, attendiamo,
mentre dietro noi c’è l’ombra d’alberi cresciuti, l’erba così alta e morbida,
e fiori e profumi troppo a lungo scordati
a catturare il volo delle api.
Forse per quello abbiamo seminato.
E nel chiarore che filtra tra le foglie e l’acqua,
con devota voce,
chiamare a raccolta l’elenco delle cose
mai fatte e desiderate
che ora attendono,
loro, noi, il nostro giungere
a scoprire la bellezza, finalmente conquistata.
Abbiamo il corpo, l’aria, la luce e terra ,
sabbia, acqua, rocce da percorrere
e mai come ora, è stata forte l’attesa
che il mondo ci prenda,
che l’uomo e le sue bellezze ci prendano,
per questo seminare piccoli fiori,
è allargare il cuore,
dare agli occhi e alla mente il suo ruolo, finalmente,
e allora nulla sarà come prima,
ma più bello, mai visto, mai vissuto.
Così si spegne l’abitudine
e nasce ora la libertà
di essere differenti per davvero.

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