Tiepidume d’intelletto e fuga
come il calor d’alcova di domande irto,
ma sol dopo il piacere ottenuto e consumato.
Non c’è forse molta superbia nel pensare,
nella convinzione d’esser soli nel suo adeguato farsi,
nel sentire il momento e il suo lavorare in punta di coltello.
Consci di momenti che saranno storia o ricordo,
poco importa, e per questo inani
o persi nel caldo futile del bastarsi,
della propria ragione che non ascolta,
non tace, non parla abbastanza per paura di non esser compresa,
e si chiude,
in attesa che qualcuno, o qualcosa, liberi,
lo spirito dal timore.
Mentre è paura di fare ciò che è giusto, solo paura.